Restauri musivi e rinvenimenti archeologici

Studi, indagini e restauri

Nel corso della sua vita, il mosaico, soprattutto dal XIX secolo in poi, fu oggetto di studi, di indagini e di restauri.

Se, relativamente ai disegni originari, non si conserva memoria storica scritta nella documentazione presente nell’archivio diocesano, gli interventi di manutenzione e restauro, ascrivibili alla fine dell‘800 e ai primi decenni del ‘900, sono documentati negli archivi del Genio civile e della Soprintendenza.

La storia

Rinascita del mosaico negli anni

Al restauro del 1936 si fanno risalire gli interventi di ricostruzione di zone mancanti e i “rattoppi” in cemento armato che furono, nei decenni successivi, causa di importanti rigonfiamenti, diffuse lesioni e lacune, queste ultime integrate con tessere bianche calcaree nel 1960.

Il problema fu, presto, oggetto di attenzione da parte della Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici della Puglia, che avviò una rete di collaborazioni con l’Istituto centrale per il restauro, l’Opificio delle pietre dure di Firenze, la Facoltà di ingegneria di Bari e con maestranze specializzate di settore.

Era necessario valutare la linea da intraprendere tra le diverse possibilità di intervento per un restauro che, pur nella tradizionale tecnica dello “stacco”, fu avviato con l’ausilio di nuove strumentazioni. Fu così che, nel novembre 1986, l’arcivescovo Vincenzo Franco affidò a Carlo Signorini e al suo staff ravennate l’impresa.

Il primo lotto di soli 80 mq venne ripulito e sezionato, seguendo l’andamento delle linee di contorno delle figure; prima di procedere al distacco delle varie sezioni, furono incollate su di esse delle tele e realizzati dei calchi, su cui vennero, in seguito, adagiate le sezioni ripulite da ogni traccia di intonaco.

Staccato il mosaico, si procedette a sterrare il sottofondo.

A pochi centimetri di scavo furono rinvenuti lastroni in pietra leccese, resti di colonnine in marmo, un leoncino e, con grande sorpresa, a 60 centimetri di profondità, i resti di un antico mosaico con motivi geometrici, risalente ai primi secoli di età cristiana (IV e V secolo d. C.).

I diversi metri quadrati musivi riportati alla luce dal lavoro degli archeologi sono caratterizzati da interessanti motivi geometrici e delicati motivi floreali: ottagoni intrecciati tra loro e formanti un quadrato al centro, cerchi concentrici sviluppanti quadrifogli, quadrati con alternanza di pieni e vuoti e quadrati con cerchi al centro.

Questo antico mosaico che in quella campagna di scavi venne interamente staccato, pulito e campionato, è stato oggetto di uno strepitoso restauro nel corso degli ultimi anni.

Diversi lacerti di questo mosaico oggi fanno parte del rinnovato percorso museale di fruizione offerto dal MUDO (museo diocesano di Otranto), che ha sede nella splendida cornice architettonica dei palazzi Lopez-Pisino-Urso che impreziosiscono piazza Basilica.

Esaurita la fase di stacco e campionamento del mosaico tardocristiano, la Soprintendenza Archeologica di Taranto curò lo sterro stratigrafico e scientifico.

Fu in seguito a queste operazioni che furono rinvenute quarantadue tombe, di cui: due messapiche (IV –V sec. a.C.), tutte integre, con trozzelle, piatti, lucerne e resti di ceramica nera con figure rosse; tre romane (II sec. a. C.) con unguentari in vetro e ceramica e aghi in osso; trentasette bizantine e medievali con resti umani, fibule, resti di una tunica e una collana di corallo.

Ultimati gli scavi, si procedette ad un nuovo massetto, su cui vennero ricollocate le sezioni musive che, nel frattempo, vennero ripulite e restaurate.

Dopo sei anni, il grande albero e le sue straordinarie figure in esso impaginate ritornarono ad accompagnare nella preghiera i numerosi pellegrini, che dal 1° luglio 1992 poterono fruire di questa straordinaria opera.

Monitoraggio

Interventi e manutenzioni oggi

Il mosaico di Pantaleone è sottoposto a monitoraggio periodico; nel 2021 è stato oggetto di un intervento di manutenzione straordinaria, per far fronte ai sollevamenti isolati e lievi distacchi di tessere riconducibili ai rifacimenti a cui l’opera è stata sottoposta nel tempo.

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